Prima tappa del corso di formazione organizzato dal COA. Il link della lezione del Prof. Giulio Nardo e la sintesi della lezione del Prof. Francesco Paolo Luiso, presidente della commissione voluta dall’ex Ministro della Giustizia Marta Cartabia
Nell’imminenza dell’avvio del nuovo processo civile, l’Ordine di Vibo Valentia ha organizzato nella sala della biblioteca un corso di formazione per spiegare agli iscritti la riforma. Per farlo, il 24 e 25 febbraio (prima tappa del corso) ha invitato due relatori d’eccezione: il professor Francesco Paolo Luiso, presidente della ‘Commissione per l’elaborazione di proposte di interventi in materia di processo civile’, istituita dall’ex Ministro della Giustizia Marta Cartabia, e il professor Giulio Nardo, che ha partecipato quale membro esterno ad alcune sessioni della Commissione dedicate alla riforma del rito civile.
Due accademici, quindi, che hanno vissuto dall’interno la riforma, contribuendo alla sua nascita ed elaborazione. E che, senza parafrasi hanno messo sul piatto della bilancia positività e negatività della riforma stessa.E’ infatti noto come la commissione Luiso avesse proposto una cura da cavallo per velocizzare il processo attraverso un efficientamento del sistema giudiziario. Tuttavia, i tanti compromessi politici hanno portato a un risultato che, a detta degli stessi protagonisti, sebbene non sia quello sperato ha eliminato situazioni anacronistiche e instaurato istituti di intuibile praticità per chi esercita la professione. Se la riforma riuscirà anche a velocizzare i tempi della giustizia lo si vedrà nei prossimi anni.
Nella prima giornata, dopo i saluti della consigliera Caterina Giuliano, referente della Commissione formazione, e del presidente Francesco De Luca, ha introdotto il corso il consigliere Antonello Fuscà, direttore della Scuola forense.A seguire la relazione di Giulio Nardo, Ordinario di diritto processuale civile all’Unical (nonché membro del comitato scientifico de Il Foro Vibonese) il quale ha trattato le novità più evidenti della riforma, a partire dal rito semplificato, per continuare con la proposta di conciliazione e la giurisdizione volontaria delegata ai notai.
(La registrazione della relazione del prof. Nardo si piò ascoltare per intero aprendo questo link https://attendee.gotowebinar.com/recording/82681504761349376 e compilando il modulo di iscrizione)

Nella seconda giornata (25 febbraio) abbiamo ascoltato direttamente dalla voce del prof. Francesco Paolo Luiso, collegato via web, le meditate fasi della riforma.
Un rammarico, ha esordito il prof. Luiso, è la mancata enucleazione della contumacia nel principio di non contestazione: “Ci hanno obiettato che se passava una norma del genere, le pubbliche amministrazioni avrebbero perso tutte le cause, perché tendono a costituirsi tardi. Eppure è contro la logica, perché non c’è alcuna differenza fra chi non si costituisce e chi non contesta”. Quanto al nuovo rito civile, il suo ‘modellatore’ ha ricordato che ricalca il processo societario “abrogato troppo frettolosamente” e introduce quel rito semplificato che lui consiglia in prima battuta a “ogni avvocato che abbia un minimo di senno”.
Dalla riforma, gli avvocati ottengono la risorsa più preziosa, cioè un risparmio di tempo. “Fino a qualche anno fa, si andava in tribunale soltanto per ribadire le conclusioni. Una udienza del tutto inutile– ha osservato Luiso-. Invece dal primo marzo il processo civile si può gestire quasi senza udienze. Se le parti chiedono che l’udienza si svolga a trattazione scritta, il giudice deve disporla. Così come se le parti si oppongono, il giudice non può tenere trattazione scritta. Del resto, sappiamo che nel processo civile l’udienza in presenza è raramente necessaria. E’ mai servita la discussione 281 sexies? No, perché la sentenza è già pronta. e allora perché andare in tribunale per perder tempo? Invece, dove c’è bisogno di presenza in udienza, come per famiglia e minori, con la costituzione di un tribunale unico di vicinanza è stato un giudice specializzato per ogni tribunale, oltre a un reclamo/appello da proporre davanti al tribunale specializzato. Il giudice dei minorenni ha sede distrettuale presso la corte d’appello ma avrà competenze più limitate”.
Si pensi, poi alla Cassazione, dove metà dei ricorsi iscritti finora sono cartacei. “Ci voleva un domiciliatario, una segreteria ad accogliere ricorsi presentati in sette copie eccetera. Finalmente anche qui è stato introdotto il deposito telematico”.

Tuttavia, bisogna comprendere che un rito accelerato, da solo, non può tagliare i tempi della giustizia. Serviranno scelte impegnative per le casse dello Stato: “Il pnnr pone come obiettivo il 40% di riduzioni dei processi e il 90% della riduzione dell’arretrato- ha ricordato Luiso-. Tutti sono concordi sul fatto che questo obiettivo va raggiunto. Ma quando dalla diagnosi si passa alla terapia iniziano le discordanze. Il problema del processo civile di cognizione è il collo di bottiglia dell’udienza di discussione. In Italia abbiamo 3200 magistrati civili, Uno ogni 20mila persone. C’è uno scoperto di 1500 magistrati. Due terzi dei magistrati sono applicati al penale perché quello è considerato il vero processo. Mentre il civile, pur importantissimo per la vita delle persone, non fa notizia e quindi passa in secondo piano. Ma allora si sarebbe potuta aumentare la competenza dei Giudici di Pace. I quali, peraltro, oggi sono un terzo di quelli che dovrebbero essere. C’è poi da dire che i magistrati non vogliono l’aumento del loro numero. Basti pensare che nell’ultimo concorso sono passati in 220 su 300. Tuttavia se i posti disponibili sono 300, devono essere coperti tutti. Se si mette l’asticella della selezione in alto, è logico che poi non passa nessuno. Ma anch’io, negli esami universitari avrei potuto fissare l’asticella in alto, e non mi sarebbe stato difficile. Ma le conseguenze? E se non ci sono abbastanza medici che superano il concorso si lasciano gli ospedali sguarniti? Si dice che i GdP non sono preparati. Ma non è che alcuni togati siano delle schegge. Il punto è: volete le sentenze o no? Non si può dire di no a tutto: alla delega dell’ufficio del processo, all’aumento dei giudici, all’aumento delle competenza per valore dei GdP. Dato che non si vuole aumentare né i giudici onorari né i giudici togati- ha concluso il prof. Luiso- avrei un suggerimento per le sentenze: spero che i magistrati ordinari deleghino la scrittura delle sentenze all’ufficio del processo. Non c’è altra strada per adesso, altrimenti il nuovo rito si bloccherà al momento della decisione. Vedremo il prossimo anno: se il magistrato farà il triplo o il doppio delle sentenze, allora vuol dire che l’ufficio del processo avrà funzionato. Altrimenti avremo speso inutilmente i soldi del Piano di ripresa e resilienza”.
Il presidente della Commissione per le riforme ha dedicato l’ultima parte del suo intervento alla riforma della fase esecutiva, in particolare dell’espropriazione immobiliare, e all’arbitrato.
Sul primo argomento, ha reso noto che “la commissione aveva suggerito un curatore, come nel diritto fallimentare. anche qui ci sono state resistenze. È aumentato l’intervento del delegato alla vendita ma senza conferirgli poteri analoghi a quello del curatore. Ma almeno adesso il piano di riparto viene portato all’esame del giudice senza contraddittorio delle parti. Del resto, se non ci sono contestazioni è inutile fare intervenire un giudice. Anche la richiesta di accesso alle banche dati in ipotesi di pignoramento adesso non prevede più l’autorizzazione del presidente del tribunale, un passaggio inutile quanto scontato. Ora l’autorizzazione è dell’ufficiale giudiziario”. Opportunamente, poi, è stato previsto l’intervento del G.E. nell’attuazione degli obblighi di fare infungibili o di non fare (art. 614, ora rubricato ‘misure di coercizione indiretta’): “La misura sanzionatoria doveva essere concessa dal giudice che pronunciava la sentenza di condanna. Ma è chiaramente una misura esecutiva perché non esistono effetti sul piano sostanziale. Quindi sono provvedimenti esecutivi e non dichiarativi e non andavano attribuiti al giudice della cognizione. Il nuovo 614 bis prevede che la condanna venga richiesta al giudice dell’esecuzione. In parallelo si può sempre chiedere un provvedimento ex art. 612 cpc. Ma non aveva senso andare dal giudice della cognizione per ottenere una cosa perfettamente parallela a quella ottenibile con l’articolo 612”.
Infine, l’arbitrato che, nell’ottica di rafforzare gli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie “ha riportato il nostro sistema alla pari con l’Europa continentale. Prima della riforma, infatti, il nostro arbitro non aveva poteri equivalenti rispetto a quelli riconosciuti in quegli altri ordinamenti. La tutela cautelare doveva essere richiesta al giudice”.
Premesso che il D.lgs.149/2022 non stravolge l’istituto, limitandosi a portare alcune innovazioni, il prof. Luiso ha evidenziato quella concernente il nuovo potere cautelare attribuito agli arbitri dall’art. 818 cpc: “Il collegio arbitrale ha il potere di sospendere l’efficacia della delibera impugnata, che è sicuramente un provvedimento cautelare. Bisognava pensare a un controllo giudiziale dello strumento cautelare. Quindi si è previsto reclamo alla Corte d’Appello esclusivamente sulla base dei vizi del provvedimento cautelare. Quanto all’attuazione del provvedimento cautelare, deve avvenire in sede esecutiva, attraverso un potere autoritativo che non deve essere necessariamente giudiziale. Bisogna rivolgersi all’ufficiale giudiziario con il provvedimento cautelare degli arbitri”.
Al termine dell’intervento del prof. Luiso, il presidente del COA De Luca ha ringraziato i partecipanti, in particolare i praticanti avvocati.
Il prossimo appuntamento del corso di formazione è previsto per il 9 marzo, quando si tratterà la riforma del processo di esecuzione.