Se I.A. non fa rima con democrazia

427 views 7:00 am 2 Comments Dicembre 7, 2022

La giustizia predittiva è il ‘mainstream’ dell’anno giuridico 2022. Ma le possibili (o probabili) conseguenze professionali e sociali sono esaminate in modo superficiale

Antonio Scuticchio*

 Comprendendo effettivamente i tuoi documenti, (X) consente agli avvocati di arrivare rapidamente al cuore di una questione, utilizzando funzionalità di ricerca e filtraggio basate sull’intelligenza artificiale…”.

Questa è la presentazione, da parte di una multinazionale del legal tech, di un programma di Intelligenza Artificiale (IA) applicato alla giustizia predittiva, termine che indica la capacità di prevedere una sentenza o una decisione per mezzo di un calcolo effettuato tramite algoritmi.

La giustizia predittiva è il mainstream dell’anno giuridico 2022. Rappresenta l’evoluzione cibernetica della ‘giurimetria’ teorizzata nel 1949 da Lee Loevinger.

Sembrava utopia ma, grazie allo sviluppo dei software di IA, nell’ultimo quinquennio ha compiuto passi da gigante.

 Un panorama mondiale

In tutto il globo si sta diffondendo un ricco e redditizio business che riesce a ottimizzare il lavoro dei giuristi. Sebbene il legal tech richieda importanti investimenti agli studi legali, la sua crescita esponenziale è indice di un convincente rapporto costi/benefici. Come tutte le più preziose scoperte umane fa guadagnare tempo, quindi è molto attrattivo.

Anche i governi nazionali e sovranazionali hanno recepito la novità e stanno cercando di canalizzarla nei loro ordinamenti.

Negli Stati Uniti al giudice penale è consentito affidarsi a un programma (Compas) che, sulla base di dati personali del reo, stabilisce la cauzione nel processo, quantifica il rischio di recidiva o di violazioni della libertà vigilata.

In Argentina, dal 2017 i processi per sinistri stradali sono risolti con l’ausilio di ‘Prometea’ un sistema di IA[1]. Qui l’obiettivo è deflazionare il contenzioso.

Stesso fine viene perseguito in Cina, dove, dal 2019, nel procedimento penale un assistente virtuale della pubblica accusa seleziona i casi da portare a processo. Quella cinese è anche la nazione più avanzata sul fronte della despazializzazione del processo: la competenza per materia dei Tribunali internet (online courts) aumenta di anno in anno[2].

In Inghilterra e Galles i decreti ingiuntivi sotto i 100mila euro vengono emessi telematicamente da una piattaforma telematica (MCOL)[3]. I giudici vengono scomodati solo per cifre superiori. La Francia segue gli USA: i giudici possono adottare il programma Compas per determinare la cauzione e per quantificare la pena inflitta all’imputato.

L’UE ha predisposto un regolamento generale (52021PC0206– ‘Regole armonizzate sull’intelligenza artificiale’) che tende a stabilire criteri unificanti con riguardo alla creazione di sistemi IA, compresi quelli che riguardano il settore giustizia (cui è rivolto un ‘considerando’, il n. 40). Se ne prevede l’approvazione a fine 2023.  

A livello operativo va precisato che, in tutte le esperienze su descritte, i programmi non eseguono ragionamenti giuridici ma identificano le informazioni relative all’argomento in testi legali ed estraggono argomenti, pareri scheletrici o cifre.

Quindi, l’IA applicata al diritto ad oggi consiste in sistemi che – almeno ad oggi- non rispondono direttamente alla domanda ma identificano i testi che rispondono ad essa, li elaborano e poi risolvono il problema. Nessuno sa prevedere se in futuro le macchine si evolveranno a tal punto da poter elaborare soluzioni proprie, attraverso percorsi logici coerenti simili a quelli umani.

Quanto alla giustizia italiana, a fine 2022 non vi sono tracce di applicazioni di IA. Sono in atto sperimentazioni tra università e distretti giudiziari, con l’obiettivo di creare una struttura comune per le sentenze (com’è già per quelle della CEDU).

In pratica si stanno compiendo passi importanti verso la schematizzazione, che è cibo più ‘digeribile’ per i big data i quali, a loro volta, sono il carburante dei sistemi di IA.  Non sarà un caso s anche il CPC riformato impone la sinteticità e chiarezza dell’atto.

         Tra circa due anni, attraverso il sistema  Pro.di.git  (che MEF e Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria stanno mettendo a regime) il contribuente, inserendo fatti e dati che riguardano il suo caso, valuterà se gli converrà presentare ricorso oppure no.

Nella legislatura appena terminata, il 5 maggio 2022 è stata depositata una proposta di legge denominata “Introduzione dell’articolo 5-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212, concernente l’istituzione di una piattaforma telematica di giustizia predittiva in materia tributaria”. La presentatrice era una deputata non rieletta, per cui al momento il pdl è lettera morta.

Tirando le somme, l’Italia sembra porsi tre obiettivi: anzitutto deflazionare il contenzioso. Per questa via, accorciare la durata dei processi. In prospettiva (vedi giustizia tributaria), c’è la nomofiliachia.

Gli alfieri e gli agnostici

La comunità giuridico-scientifica vede con un certo favore l’avvento dell’IA (e con essa la giustizia predittiva) nel nostro ordinamento. È un ottimismo che non sorprende: il progresso, quali che siano le conseguenze, è inarrestabile, perciò è consuetudine aprirsi al nuovo e assecondarlo.

La tesi di fondo degli ‘alfieri’ dell’IA ricalca quella di Isaac Asimov: un robot deve sempre obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani[4] e quindi non potrà mai prendere il sopravvento su di essi.  Indubbiamente un simile argomento poggia su presidi costituzionalmente protetti: la sentenza è riservata al giudice quindi nessuno mai potrà sostituirlo con un software.

Anche la questione se ai cittadini, in futuro, sarà assicurata una decisione sempre ‘umana’ troverebbe già risposta positiva nella recente legislazione. Si veda il D.lgs 51/2018 (art. 8, ‘Processo decisionale automatizzato relativo alle persone fisiche’) secondo cui “Sono vietate le decisioni basate unicamente su un trattamento automatizzato… In ogni caso è garantito il diritto di ottenere l’intervento umano da parte del titolare del trattamento”.

La norma è settoriale perchè attua una direttiva UE sulla privacy degli indagati/imputati, però è pur sempre un principio di legge.  

Non si parla ancora di ‘diritto dell’intelligenza artificiale’, eppure proprio di questo si tratta.

Infatti, la sperimentazione in atto adotta fondamentalmente due sistemi: uno è l’induttivo (un’evoluzione delle banche dati sentenze); l’altro è il deduttivo, che applica la regola al fatto descritto nel singolo atto. E qui il protagonista diventa l’algoritmo, perché si tratta di elaborare sillogismi giuridici e risolverli per mezzo di un sistema di IA.

Quindi, attraverso il ‘deduttivo’ si potrà giungere a sistemi applicativi talmente sofisticati da svolgere una vera e propria funzione predittiva della soluzione del giudizio, in cui “è il calcolo matematico a formulare il principio del diritto[5]” (così Giovanni Mammone, Primo Presidente della S.C, il quale aggiunge come si tratti sia di un “obiettivo” che di un “dilemma”).

Ma una tesi giuridica deve essere espressa in scienza e coscienza. Tutto si potrà asserire sulle macchine, ma non che posseggano la seconda. Come ci si arriverà senza erodere controllo, responsabilità e autodeterminazione umana, ha osservato ‘l’agnostico’ Sabino Cassese  “è un percorso ancora tutto da verificare”.

Nemmeno la certezza che la decisione finale spetti al giudice è del tutto rassicurante. Il magistrato-filosofo Antoine Garapon ammonisce sui rischi del cosiddetto ‘effetto-gregge’[6], cioè che le decisioni umane siano indotte da algoritmi. Non esattamente la via auspicata per l’agognata uniformità delle decisioni. Alle quali, attraverso l’IA, arriveremo bruciando le tappe, perché l’automazione è un processo ineluttabilmente unificante.

Certo, non bisogna avere visioni manichee. Anzi, si deve guardare positivamente all’interazione uomo-macchina, che è stata sempre alla base del progresso. Ma la vorticosa evoluzione delle tecnologie non consente previsioni e quindi i dubbi restano sul campo.

Le conseguenze dell’IA

         Comprendere se l’uomo sia il medico o il paziente della giustizia predittiva, quindi, non è esaudiente e neppure scrutabile fino in fondo.  

 Peraltro, se l’indagine si esaurisce qui, si rischia di porre in secondo piano il tema delle conseguenze professionali e sociali della giustizia predittiva.

Eppure è questione di non poco conto, perché, come detto, tra i fini che si prefigge la giustizia predittiva c’è la deflazione del contenzioso.

Un algoritmo che predice la sentenza scoraggia il potenziale soccombente, causando la riduzione esponenziale dell’area della litigation, quella che garantisce lavoro e circolazione di denaro nei territori economicamente deboli (tra i quali, nemmeno a dirlo, la Calabria).  

Ciò detto, l’asserzione che le macchine non rimpiazzano gli umani vale per il decisore, almeno fino a quando non muterà la Costituzione. Ma non vale per gli avvocati, né per i cancellieri.  

Del resto, lo ‘sfoltimento’ delle fila dei legali e degli impiegati pubblici è conseguenza ampiamente prevista[7]

Se in futuro le altre giurisdizioni seguiranno il battistrada tributario di pro.di.git, l’utente potrà accedere al sistema predittivo (gratis) semplicemente inserendo dati e fatti. Sarà poi il sistema a tradurli in norma e predire l’esito. E siccome fra algoritmo e umano non c’è partita, l’utente si fermerà lì.

Oltre ad essere deflattiva, poi, la giustizia predittiva è veloce perché semplifica la decisione. Meno processi per i magistrati, i quali smaltiranno più celermente i ruoli (chi l’avrebbe detto che la legge Pinto ha gli anni contati).

Si obietterà che i vantaggi per gli altri cittadini saranno di gran lunga superiori. Del resto, la storia insegna che l’automazione cancella sempre posti di lavoro. Finora era accaduto soltanto con il lavoro manuale ma, adesso che abbiamo visto anche le auto senza conducente, dobbiamo renderci conto che qualsiasi contesto sociale può mutare da un momento all’altro.

Operai artificiali e intelletti sintetici sono destinati a entrare nel nostro mondo. Ma dovrebbero farvi ingresso in un domani più equo, al momento difficile da immaginare perché nessuno sa pronosticare la durata dei mutamenti. Sappiano solo che non sarà un periodo indolore. E che il tempo dell’avvocato tradizionale volge al termine.

In un siffatto sistema, solo il vertice, cioè il decisore, può stare relativamente tranquillo. Nel sistema Giustizia, saranno i poteri legislativo ed esecutivo a decidere tempi e modi, ognuno per le proprie competenze e -come sempre- nella reciproca deterrenza. La domanda è se, una volta velocizzati i processi, sarà ancora necessaria una dotazione organica di circa 8mila magistrati. Perché, è vero, la giustizia predittiva resterà sottoposta al controllo umano. Ma, avanzando tecnologicamente, avrà bisogno di sempre meno controllori. I recenti licenziamenti di manager Twitter, Microsoft e Amazon docent.

Nonostante i ricordati rischi e le suddette incognite, però, in una prospettiva di progresso sociale i benefici sembrano pur sempre superare i costi. Il che rappresenta una buona ragione per continuare a esplorare la galassia della giustizia predittiva.

Invertire la rotta prima dell’iceberg

Prima la despazializzazione del processo, accelerata dal lockdown; ora l’automatizzazione della decisione. In nome di tre imperativi: mercato (le 115 pagine della proposta di regolamento UE 2021/0106 ripetono questa parola ben 227 volte); velocità; uniformità.

E’ progresso, certo, ma bisogna capire a vantaggio di e contro chi.

Osserva Luciano Floridi :“Dobbiamo essere in grado di comprendere il bene o il danno che sta effettivamente facendo alla società e in quali modi[8]. Egli si riferisce alla necessità di comprendere e di rendere conto dei processi decisionali dell’IA. Ma la ‘massima’ vale anche per tutto il resto.

Tornando all’incipit, a quella multinazionale del legal tech che promette di arrivare al cuore del problema in un tempo infinitamente più breve di una qualsiasi mente umana la domanda è: chi è rivolto il messaggio pubblicitario?

Anzitutto, ai grandi studi legali. I quali non stanno subendo alcuna ripercussione dall’avvento dell’IA nella giustizia. Quelli statunitensi commissionano robot-avvocati su misura per ricerche su precedenti analoghi. Il che richiede cospicui investimenti, perché la tecnologia più è innovativa e più costa. Nei grandi studi legali i solicitors si riciclano in legal risk manager per mantenersi il posto. Spariscono dal mercato, invece, i ‘piccoli’ e coloro che non si modernizzano. Un nuovo Frank Gavin non lo si rivedrà neanche nei film[9].

Se il trend partito dagli USA si riverbererà nel resto del globo, soltanto chi avrà alle spalle uno studio attrezzato, e possibilmente grande, potrà scorgere nell’avvocatura il proprio futuro. Dunque, C’è da temere l’ennesima selezione per divario economico – e non per merito- nelle professioni legali.

Come invertire la rotta prima di sbattere contro l’iceberg?

Nei Paesi in cui l’IA si sta consolidando, sono nate nuove professioni, ibride tra avvocatura e informatica. Ad esempio, si diceva, i legal risk manager, che non si occupano di processi ma di predire al cliente le probabilità di vittoria.

Per questa via, si evita il processo e si spende di meno. Se il mercato pretende una giustizia sottocosto, bisogna creargliela. Per il professionista è un modo di riciclarsi al ribasso, in attesa di tempi e affari migliori. E non fa differenza che tutto questo riguardi persone con titoli di studio anzichè tariffe telefoniche.

Sul versante delle misure ‘pubbliche’ per fronteggiare il cambiamento in atto si notano, purtroppo, i soliti ritardi e i rituali proclami senza contenuti.

Il richiamo all’etica abbonda nelle proposte normative ma più come enunciato che come verità sostanziale.

Il termine ‘democrazia’, invece, è assente. Del resto, l’IA, essendo creata e governata da pochi, non è democratica. Era chiaro, però è stato (volutamente?) ignorato.

Così, nel mentre il business del legal tech ha raggiunto il miliardo di dollari per capitalizzazione nel 2021[10], nessun Paese ha ancora creato un sistema di giustizia predittiva open data. Non c’è più tempo. Si dovrebbero varare politiche adeguate e non si tratta solo di rendere pubblica qualche banca dati.

Se ciò non avverrà, si assisterà alla divaricazione tra giustizia e democrazia. Un’aberrazione. Rimpiangeremo il tempo in cui la giustizia era guardarsi negli occhi, come dice Giacomo Ebner nell’intervista che si trova nella sezione ‘nonosolotoga’ di questo numero[11].

A questo punto, però, è necessario porsi ulteriori domande: Gli Stati hanno i mezzi delle società di legal tech? Se sì, hanno la volontà? In attesa di sistemi di IA democratici- se mai arriveranno e sempre che non verranno ostacolati dalle potenti società di legal tech– in questa fase transitoria bisogna trovare soluzioni immediate che, però, non siano i soliti pannicelli caldi. L’avvocatura ne ha visti fin troppi. 

Al Congresso nazionale forense svoltosi nell’ottobre 2022 a Lecce, si è discusso di riforma dell’accesso alla professione. Inserire un periodo di formazione, come in Francia, può essere un modo valido per preparare i futuri avvocati ai mutamenti in fieri.  Purché si faccia presto e con criteri che premino il merito.  

In sede di CNF è stato proposto anche di estendere il gratuito patrocinio alle mediazioni e negoziazioni. Giusto, ma allo stesso tempo andrebbero incrementati i compensi nelle ADR e nelle risoluzioni stragiudiziali. Anche se non è lontano il giorno in cui arriverà un software in grado di calcolare le percentuali di responsabilità e quantificare le cifre della transazione.

Studiare rimedi ai repentini cambiamenti degli assetti sociali è storicamente difficile, ma necessario e urgente perché, volenti o nolenti, la giustizia predittiva è destinata a contaminare quella umana, se non a sostituirla. Sono entrambe imperfette, e non potrebbe essere diversamente. Soltanto che in terra comanda il mio mercato il quale, viste le tendenze in atto, ha già espresso la sua volontà.

*avvocato, direttore responsabile ‘ilforovibonese.it’


[1] PROMETEA: il sistema AI adottato dai Tribunali Amministrativi della città di Buenos Aires (lisia.it)

[2] Sulle applicazioni di IA nella giustizia cinese v. I. Ainora, ‘Automazione e processo civile’, giustiziacivile.com, 2012

[3] Fai una richiesta di risarcimento in tribunale: cos’è un reclamo giudiziario – GOV.UK (www.gov.uk)

[4] Io, Robot, Bompiani, 1963

[5] In ‘Giustizia predittiva e interpretazione della legge con modelli matematici’. StreetLib, 2019

[6] In ‘Justice Digitale. Révolution graphique et rupture anthropologique’, Puf, Paris, 2018

[7] l. R. Susskind, in Avvocati di domani, GoWare, 2019

[8] L. Floridi, Etica dell’intelligenza artificiale, Raffaello Cortina, 2022

[9] Il verdetto [2] – Film (1982) – MYmovies.it

[10] Rapporto sulle dimensioni e le tendenze del mercato della tecnologia legale, 2030 (grandviewresearch.com)

[11] Giacomo Ebner: “La giustizia è guardarsi negli occhi”, il Foro Vibonese, dicembre 2022

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