Le diverse garanzie di giustizia per la donna, con la promulgazione del c.d. codice rosso e la relativa introduzione di una fattispecie autonoma di reato
Deborah Cosentino*
1. Gli albori legislativi
Il 25 luglio 2019 è stata pubblicata la legge n. 69 del 2019, entrata in vigore il 9 agosto 2019 recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere» (il c.d. “codice rosso”).
Il provvedimento legislativo nasce con l’obiettivo di rendere maggiormente efficace la repressione penale della violenza domestica e di genere[1], attraverso l’introduzione di nuove fattispecie di reato e l’inasprimento del trattamento sanzionatorio previsto per altre fattispecie già esistenti.
Più precisamente, la novella legislativa introduce nel codice penale quattro nuovi delitti: il delitto di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso(art. 583 quinquies c.p.), il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate (art. 612-ter c.p.), il delitto di costrizione o induzione al matrimonio (art. 558 bis c.p.), il delitto di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 387 bis c.p.)[2].
La legge n. 69 del 2019 è il seguito della relazione di accompagnamento al disegno di legge in cui viene ampiamente affrontato il tema della violenza domestica e di genere, attraverso l’analisi di casi di cronaca dove le donne hanno subito una deformazione del proprio aspetto (Gessica Notaro, Carla Ilenia Caiazzo e Lucia Annibali)[3]
La medesima relazione specifica che “il volto distrutto e volutamente sfregiato ha il valore di una morte civile inferta con inaudito cinismo e frutto o causa, sopra ogni cosa, della volontà violenta di restare unici padroni della bellezza, dell’io profondo della vittima che si sarebbe voluta possedere con la forza”[4].
Partendo da ciò, il presente contributo analizza la fattispecie di reato autonomo, ovverossia l’art. 583 quinquies c.p.
§2 Il delitto di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso
L’art. 583 quinquies c.p., introdotto dall’art. 12 c. 3 della l.69 del 2019, recita al primo comma “chiunque cagiona ad alcuno lesione personale dalla quale derivano la deformazione o lo sfregio permanente del viso è punito con la reclusione da otto a quattordici anni”.
Ante riforma, la deformazione ovvero lo sfregio permanente al viso non era una fattispecie autonoma, bensì era riportata dall’art. 583 c.p. al n. 4 c. 2, come circostanza aggravante del delitto di cui all’art. 582 c.p.
Tale circostanza aggravante è stata abrogata dall’art. 12 c. 3 della l. 69 del 2019 a favore dell’introduzione di questa nuova fattispecie di reato che, ha disciplinato un diverso trattamento sanzionatorio.
Analizzando il delitto contro la persona, dal termine chiunque si desume la natura di reato comune e dal termine cagiona se ne desume la forma di reato commissivo e di evento ed il bene giuridico tutelato è l’integrità fisica, psichica e sociale della vittima.
I termini deformazione e sfregio hanno una portata diversa, seppur aventi entrambe ad oggetto casi di grave pregiudizio estetico[5].
Per deformazione si intende “un’alterazione anatomica del viso che ne alteri profondamente la simmetria, tanto da causare un vero e proprio sfiguramento”[6].
Per sfregio permanente si intende “qualsiasi nocumento che, senza determinare la più grave conseguenza della deformazione, importi un turbamento irreversibile dell’armonia e dell’euritmia delle linee del viso, con effetto sgradevole o d’ilarità, anche se non di ripugnanza, secondo un osservatore comune, di gusto normale e di media sensibilità”[7].
“Le due ipotesi, contrassegnate da un gradiente progressivo di lesività della condotta illecita che procede dallo sfregio verso la deturpazione, sono peraltro equiparate ai fini della punizione”[8].
La Cassazione, attraverso le due espressioni, ha permesso di individuare il confine fra il concetto di deformazione e quello di sfregio. Lo sfregio, quindi, costituisce una menomazione estetica di minore gravità rispetto alla deformazione del volto; un’alterazione permanente dei tratti fisionomici del volto.
Nella nozione di sfregio permanente, come sopra definita, deve farsi rientrare anche il tatuaggio sul volto, ove imposto alla vittima, costretta contro la sua volontà a sottoporsi alla relativa pratica.
Nel caso di specie, quando alla condotta inserita in un contesto di maltrattamenti in danno di una di una moglie o di una compagna convivente , segue una condotta coercitiva di far eseguire sul volto della donna diversi tatuaggi a carattere indelebile, ciò configura lo sfregio permanente al viso[9].
In tal senso, “tali pregiudizi al volto non possono essere trattati come le altre lesioni, per via del fatto che il reato ha una portata lesiva maggiore dato che incide profondamente, oltre che sull’identità fisica, sull’identità sociale e psicologica della vittima e necessitano di un giudizio estetico, basato sul giudizio di un osservatore comune, di media sensibilità e di conseguenza sottratto dall’indagine del perito”[10].
Compete sempre al giudice di merito distinguerle e individuare la pena da applicare nella forbice edittale stabilita dal legislatore del 2019, tenendo conto delle circostanze del caso concreto e del mezzo impiegato dal reo avverso la persona offesa.
Inoltre, si sottolinea che, nella valutazione del carattere permanente della ferita appare irrilevante la possibilità di eliminazione o di attenuazione del danno fisionomico attraverso il ricorso a trattamenti di chirurgia estetica.
“Non rileva, infatti, la possibilità di eliminazione o di attenuazione del danno fisionomico mediante speciali trattamenti di chirurgia facciale atti a migliorare la situazione di ripugnanza e/o di compromissione dell’immagine estetica della donna offesa”[11].
§3 I vuoti legislativi della l. 69 del 2019
La legge n. 69 del 2019 ha lasciato una serie di interrogativi al giurista e all’ esperto di settore.
Il primo vulnus non colmato, riguarda la funzionalità e l’applicabilità del delitto ex art. 583 quinquies c.p. e dunque del diverso trattamento sanzionatorio su tutti i procedimenti pendenti ma iniziati prima del 2019; il secondo vulnus riguarda la non previsione di imputabilità di un soggetto a titolo di colpa.
Si deduce conseguenzialmente che, per tutte le ipotesi delittuose rientranti nella deformazione o nello sfregio del viso antecedenti alla legge del 2019, occorre verificare se la condotta di un soggetto debba essere sussunta sotto il reato previsto e punito ai sensi dell’art. 583 quinquies c.p. oppure debba ravvisarsi un’ipotesi di lesioni personali gravissime ex art. 583, co. 2, n. 4 c.p.
Occorre richiamare l’art. 2 c. 4 c.p. il c.d. tempus regit actum “Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile”.
Quanto agli effetti delle nuove disposizioni sui procedimenti penali pendenti e sui fatti commessi alla data di entrata in vigore, la legge non prevede un’espressa disciplina e questo comporta che, il giudice vincolato dalla non retroattività della disposizione, applichi la legge penale più favorevole al reo con il possibile effetto di non avere una legge uguale per tutte le vittime di questo delitto.
L’introduzione del delitto di cui all’art. 583 quinquies c.p. ad opera del c.d. codice rosso ha limitato la possibilità di imputare all’agente, secondo il generale criterio di ascrizione della responsabilità penale, solo il dolo.
“Tale mancanza rappresenta una lacuna di non poco rilievo, in quanto la deformazione o lo sfregio dell’aspetto della persona può derivare anche da lesioni che provochino, a titolo di colpa, eventi che possono risultare altrettanto gravi ma non commessi a titolo di dolo”[12].
§ 4 Conclusioni
Stilare un primo bilancio applicativo e comprenderne l’effettiva portata giuridica e sociale della legge 69 del 2019 ed in particolare dell’art. 583 quinquies c.p., è fondamentale.
La “nuova” disposizione legislativa che ha introdotto la deformazione e lo sfregio permanente del viso quale titolo autonomo delittuoso, con un proprio trattamento sanzionatorio, porta con sé luci e ombre.
Merita consenso la scelta politico/culturale effettuata dal Parlamento in recepimento di fondate istanze di sicurezza e di tutela soprattutto delle donne, la previsione di un severo trattamento sanzionatorio per le condotte poste in essere dal reo. Invece, non merita consenso la superficialità di vedute e la relativa mancanza di disposizioni in merito a casi antecedenti all’entrata in vigore della legge per calibrare la sanzione e il diverso indice psicologico del reato.
Tutto ciò, comporta (e non è l’unico caso) ad eccessive discrezionalità dei Giudici in base alla diversa sensibilità e oculatezza dei dettagli relativi al caso in esame.
Nella speranza che, tale previsione legislativa non si traduca in senso opposto in un arretramento giuridico, si ricorda che tutto dev’essere ponderato e che ogni caso merita la giusta attenzione e il giusto (non solo simbolico) trattamento sanzionatorio.
“La legge è uguale per tutti è una bella frase che rincuora il povero quando la vede scritta sopra alle teste dei Giudici, sulla parete delle aule giudiziarie, ma quando si accorge che, per invocar la uguaglianza della legge, è indispensabile l’aiuto della ricchezza che non ha, allora quella frase gli sembra una beffa” (cit. del giurista Piero Calamandrei)
[1] La violenza di genere va intesa come violazione dei diritti umani e come forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica.
[2] B. Romano, Marandola A., Il codice rosso: commento alla l. 19 luglio 2019, n.69, in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, 2020, 25 ss
[3] Nel 2017 Gessica Notaro venne sfregiata con l’acido dall’ex compagno; nel 2016 Carla Ilenia Caiazzo venne aggredita dall’ex fidanzato che tentò di ucciderla dandole fuoco mentre la vittima era in stato di gravidanza; nel 2013 il volto di Lucia Annibali venne sfregiato con l’acido su mandato dell’ex fidanzato della donna.
[4] Corte Suprema di Cassazione Ufficio del massimario e del ruolo, Relazione su novità normativa, Legge 19 luglio 2019, n. 69, Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, in Rel. 62/19 , 2019.
[5] Cass. 16 giugno 2014, n. 32984, in De Jure, 2014.
[6] Rassegna n. 3/21, l’art. 583 quinquies c.p., in www.carabinieri.it, 2021, 23 ss
[7] Cass. 13 febbraio 2020, n. 5719, in canestrinilex.it, 2020.
[8] A. CISTERNA, “Reclusione a 14 anni per la deformazione del volto della vittima”, in Guida dir, 2019, 81
[9] Trib. Velletri 19 dicembre 2019, in Giust. pen, 2019
[10]E. Lo Monte, ‘’Il nuovo art. 583-quinquies c.p. Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso: l’ennesimo esempio di simbolismo repressivo’’, 2019, 11 ss
[11] Cass. 11 luglio 2021, n. 23692, in De Jure, 2021.
[12] T.PADOVANI, “L’assenza di coerenza mette a rischio la tenuta del sistema”, in Guida dir, 2019, 51 ss
*praticante avvocato abilitata al patrocinio sostitutivo; segretario AIGA Vibo Valentia
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