Il torneo della disputa Dire e Contraddire: parole civili per azioni di civilità

327 views 7:12 am 0 Comments Dicembre 7, 2022

Educare i giovani a discutere all’insegna del massimo rispetto delle idee altrui, perché il confronto torni ad essere fenomeno di crescita, emblema del melius re perpensa e non inutile e sterile conflitto

*Angela Mazzia

Dalle parole dell’avv. Vincenzo Di Maggio, Consigliere nazionale e ideatore del Torneo “Dire e Contraddire” insieme all’avv. Angela Mazzia, emerge l’obiettivo educativo e la finalità etica a cui questo progetto di legalità tende.

Nato a Taranto nel 2017, il Torneo è una versione per gli studenti delle Scuole secondarie di secondo grado elaborata sull’esperienza e con le regole traslate e venute a maturazione nel “Torneo Scacco d’Atto” (giunto alla VII edizione) sempre ideato e realizzato dal Consigliere Di Maggio e rivolto ai praticanti avvocati delle Scuole Forensi d’Italia, per permettere ad essi “di navigare con la parola tra istituti giuridici vecchi e nuovi assecondando un approccio pragmatico e consapevole mirato a sviluppare abilità argomentative di “conquista“ e sviluppando strategie difensive in cui le pedine vengono mosse dalla retorica classica seguendo gli schemi della disputa di Aristotelica memoria”.

Dopo il grande successo riscosso tra le Scuole di Taranto e provincia, “Dire e Contraddire” è divenuto il 22 luglio 2020 oggetto del Protocollo d’intesa tra il Consiglio Nazionale Forense ed il Ministero dell’Istruzione, quale metodo pedagogico a impatto civico mediante il quale, unendo i “saperi” al “saper fare”, l’Avvocatura d’Italia si assume la responsabilità di trasmettere agli studenti le regole della disputa e di guidare i giovani alla scoperta della forza della “parola” e delle tecniche di una corretta comunicazione al fine di vivere il diritto come strumento di potenziamento sociale.

In questo momento storico in cui la comunicazione sembra avvenire non attraverso il confronto costruttivo e l’ascolto, ma attraverso forme di aggressione e di demolizione del pensiero altrui e di fronte a un dilagante pensiero sempre più anestetizzato e indifferente, il proposito è quello di aiutare a sviluppare il pensiero creativo e critico grazie al dubbio, alla ricerca, all’attività cooperativa, alla domanda, per guidare i giovani a esercitare le proprie funzioni riflessive, a sperimentare le regole del vivere civile e democratico, le buone prassi entro le quali “educare” le loro formae mentis a gestire i conflitti secondo l’etica del dibattito costruttivo e della responsabilità.

È attraverso la pratica del confronto tra parole, attraverso quella che è la continua costruzione, decostruzione e ricostruzione dei significati, che ciascun giovane potrà essere protagonista attivo di quel processo di elaborazione culturale prodromico all’esercizio della cittadinanza responsabile.  Disputando, infatti, si mettono in gioco i punti di vista, si cercano le ragioni per argomentare in modo valido le proprie tesi e confutare quelle avversarie e, proprio sviluppando le capacità sottese all’argomentare e al controargomentare, la mente può spingersi nella formulazione di inferenze che, come affermava Dewey, sono sempre un «invadere l’ignoto, un salto dal noto».[1]

Alla base del torneo le regole della comunicazione: un invito a una costruzione ordinata del discorso. In questo Torneo l’accento non sta sul “dialogare” ma sul “convincere”.

Dal cosa dire al come dirlo. Nella disputa non conta soltanto ciò che si dice ma anche il modo come lo si dice. Questo perché gli insegnamenti dell’eloquenza appaiono ancora in grado di ricordarci il potere della parola e l’arte di darle sempre nuova forma ed efficacia.

Dal travaglio della disputa nasce per il discente una nuova consapevolezza di sé, il controllo dell’emotività, la parola come strumento di crescita e di emancipazione.

Ecco la strada per riconnetterci e trasmettere agli studenti la magia alchemica ed emancipativa del linguaggio grazie agli insegnamenti di Aristotele con le sue Confutazioni sofistiche, di Cicerone con il De oratore, di Quintiliano con l’Institutio oratoria, attraverso la Rhetorica ad Herennium, la retorica giudiziaria e le disputatio medievali. Per giungere, dopo l’analisi delle figure retoriche e lo studio del paraverbale e non verbale, a ‘L’arte di ottenere ragione’ di Schopenhauer, in cui vengono presentati ed esaminati 38 stratagemmi, utili per trasformare, a prescindere dalla verità o dalla falsità, qualunque controversia in una vittoria.

Il trattato di Schopenauer dà una definizione della dialettica che è quellaeristica, quale è l’arte di duellare con l’arma delle parole. Un’arte che richiama alla memoria la sofistica greca di Trasimaco, di Gorgia e di altri filosofi. La gara, il duello con le parole, secondo Gorgia richiede l’intelligenza per deliberare e la forza per provvedere unitamente ad altre due virtù, la sapienza e l’audacia: la sapienza per conoscere le mosse dell’avversario e l’audacia per affrontare il pericolo.

Nella disputa ai ragazzi viene assegnato mediante sorteggio il ruolo di argomentare o controargomentare, non importa se ciò che devono argomentare o controargomentare sia giusto o sbagliato, vero o falso: esistono modi precisi per ribaltare le discussioni e superare dialetticamente chiunque.

La disputa richiede concentrazione, coordinazione, autocontrollo, riflessi e fisicità ed è proprio con l’armonia di questi elementi, con la bellezza delle parole e dei silenzi che compongono un discorso e trasmettono un concetto, che lo studente apprende i propri limiti, ma anche lo sviluppo e la crescita della propria umanità. 

Fondamentale è tenere la mente attenta a sollevare domande, a chiedere il perché, a porre interrogativi ed è questo che educa all’esercizio della critica costruttiva, educazione intesa come promozione della capacità di gestire situazioni problematiche, capacità essenziale per l’esercizio della cittadinanza responsabile.

La finalità è evitare che si viva scivolando sugli eventi e questi, proprio perché non compresi, tacitamente possano condizionare il modo di essere delle giovani generazioni e, di conseguenza, il modo di essere della libertà e della democrazia.  

Mi piace ricordare che per i greci isonomia, ovverosia parità davanti alla legge, significava libertà di parola, per questo i greci definivano gli schiavi e i barbari aneu logou, ovvero: privi della facoltà di parola. Concepire la cittadinanza come esercizio responsabile della “parola”, assumendo come centrale l’arte della disputa, generativa del pensiero critico, significa cercare di realizzare l’azione più intensamente politica, secondo la concezione eminentemente classica di etica, poietica e politica, in quanto trovare le parole opportune nel momento opportuno e saperle pronunciarle pubblicamente, facendo seguire a parole civili, azioni civili, significa agire [2].

Ecco perché la parola deve essere sempre unita al saper essere democratico e morale, al sapersi mettere in discussione con onestà e saggezza, nella consapevolezza di potere e dovere contribuire, ciascuno con il proprio quotidiano impegno alla costruzione di una nuova etica collettiva.

Con il Torneo l’avvocatura si assume la responsabilità di accompagnare le giovani generazioni in un percorso che li vedrà consapevolmente ragionare, accuratamente argomentare e controargomentare e che li vedrà impegnati a saper “prevedere le mosse” dell’avversario, a saper gestire “situazioni problematiche” con la forza del ragionamento e dell’argomentazione. In tal modo li guideremo in quell’attività di “un vedere di là come se di là fosse di qua; un rendere presente il futuro prima che si faccia presente da sé; e così un allargare oltre i suoi limiti il presente o impadronirsi del futuro” come scriveva Carnelutti nel suo celebre scritto del 1953 sulla certezza del diritto [3].

Permettere ai giovani di esercitare correttamente la “capacitàdi disputare” potrà contribuire a proteggerli dalla “banalità del male”.

*avvocato, componente della Commissione Educazione alla legalità del CNF, cultore Università di Bari


[1] Dewey J., Democrazia e educazione, Sansoni, Milano 2012, 172.

[2]  Arendt H., Vita activa, Bompiani, Milano, 2001, 20

[3]  Carnelutti F., Nuove riflessioni intorno alla certezza del diritto, in Discorsi intorno al diritto, vol. II, Cedam, Padova, 1953, 154

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